La legge di Bilancio 2025 (legge n. 207/2024) prevede requisiti più stringenti per ottenere la NASpI in caso di dimissioni e successivo licenziamento. Nello specifico si prevede, con riferimento agli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° gennaio, la possibilità di accedere alla NASpI solo per quei lavoratori che nei 12 mesi precedenti l’evento di cessazione involontaria per cui si richiede la NASpI dopo aver cessato un precedente rapporto di lavoro per dimissioni volontarie o risoluzione consensuale possano far valere almeno 13 settimane di contribuzione utile maturate nel corso del rapporto di lavoro che ha comportato il licenziamento.
La legge di Bilancio 2025 (legge n. 207/2024) prevede, a decorre dal 1° gennaio 2025, per i lavoratori che si dimettono da un impiego a tempo indeterminato e successivamente vengono licenziati da un altro lavoro, la possibilità di accedere alla NASpI solo dimostrando di avere maturato almeno 13 settimane di contribuzione nel secondo rapporto di lavoro.
Si tratta di una misura stringente che va ad integrare le attuali regole sull’indennità che ad oggi prevede l’erogazione solo a chi si trova in uno stato di disoccupazione involontaria, avendo accumulato almeno 13 settimane di contributi nei quattro anni precedenti il licenziamento.
NASpI: campo di applicazione e requisiti
La NASpI, istituita a decorrere dal 1° maggio 2015, è un’indennità mensile di disoccupazione finalizzata a fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.
L’accesso alla NASpI è riconosciuto ai lavoratori che presentino congiuntamente i seguenti requisiti:
– si trovano in stato di disoccupazione (art. 19, D.Lgs. n. 150/2015);
– possano far valere, nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, almeno 13 settimane di contribuzione;
Stato di disoccupazione involontaria
Al fine del riconoscimento della NASpI lo stato di disoccupazione deve essere involontario e, pertanto, sono esclusi i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato a seguito di dimissioni o di risoluzione consensuale.
Il lavoratore per poter accedere all’ammortizzatore sociale universale collegato alla risoluzione del rapporto di lavoro deve trovarsi in uno stato di disoccupazione involontario.
Stato di disoccupazione che si realizza in caso di:
- licenziamento individuale per giusta causa, giustificato motivo oggettivo o soggettivo;
- licenziamento disciplinare;
- licenziamento intervenuto durante il periodo di prova;
- licenziamento collettivo;
- interruzione del rapporto di apprendistato per recesso del datore di lavoro al termine del periodo formativo.
L’accesso alla NASpI viene pertanto escluso per i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato a seguito di dimissioni o di risoluzione consensuale (perdita volontaria dell’occupazione), salvo i casi di:
- dimissioni per giusta causa;
- dimissioni della lavoratrice madre intervenute durante il periodo tutelato di maternità;
- dimissioni lavoratore padre entro il 1° anno di vita del figlio che abbia usufruito del congedo di paternità obbligatorio;
- risoluzione consensuale del rapporto nell’ambito della procedura di conciliazione preventiva e obbligatoria svolta presso l’ITL in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo da parte di azienda che rientra nell’ambito di applicazione della tutela reale (art. 7, L. n. 604/1966);
- dimissioni presentate dal lavoratore nei 3 mesi successivi al trasferimento d’azienda per sostanziale modifica delle condizioni di lavoro;
- risoluzione consensuale intervenuta in seguito ad una notevole variazione delle condizioni di lavoro derivante dal trasferimento del dipendente ad altra sede della stessa azienda distante più di 50 km dalla residenza del lavoratore e\o mediamente raggiungibile in 80 minuti o più con i mezzi pubblici.
Con riferimento alle ipotesi di dimissioni, si ricorda che il Collegato Lavoro (legge n. 203/2024) ha introdotto il particolare regime delle dimissioni di fatto. La norma, infatti, prevede che in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre:
- il termine previsto dal CCNL;
- o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a 15 giorni
il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede ITL, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima.
Al verificarsi di tale situazione, il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore e lo stesso non potrà beneficiare dell’indennità NASpI, a meno che lo stesso non riesca a dimostrare l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza.
Calcolo delle 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti
Ai fini del rispetto del requisito delle 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, sono valide tutte le settimane retribuite, purché per esse risulti, anno per anno, complessivamente erogata o dovuta una retribuzione non inferiore ai minimali settimanali (INPS circ. n. 94/2015).
Nello specifico, si considerano utili:
- i contributi previdenziali, comprensivi di quota a finanziamento della disoccupazione, versati durante il rapporto di lavoro subordinato;
- i contributi figurativi accreditati per maternità obbligatoria se all’inizio dell’astensione risulta già versata o dovuta contribuzione ed i periodi di congedo parentale purché regolarmente indennizzati e intervenuti in costanza di rapporto di lavoro;
- i periodi di lavoro all’estero in Paesi comunitari o convenzionati ove sia prevista la possibilità di totalizzazione;
- i periodi di astensione dal lavoro per malattia dei figli fino agli 8 anni di età nel limite di 5 giorni lavorativi nell’anno solare.
- Diversamente, non sono considerati utili i periodi di:
- lavoro all’estero in Stati con i quali l’Italia non abbia stipulato convenzioni bilaterali in materia di sicurezza sociale;
- malattia e infortunio sul lavoro con integrazione o meno della retribuzione da parte del datore di lavoro (INPS mess. n. 2875/2017);
- cassa integrazione straordinaria, ordinaria o in deroga con sospensione dell’attività a zero ore;
- assenza per permessi e congedi fruiti dal lavoratore che sia coniuge convivente, genitore, figlio convivente, fratello o sorella convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità;
- aspettativa non retribuita per funzioni pubbliche elettive o sindacali (INPS circ. n. 142/2015).
Ai fini della determinazione del quadriennio da prendere in considerazione per la verifica del requisito contributivo, l’eventuale presenza dei suddetti periodi deve essere neutralizzata in quanto ininfluente e determina un conseguente ampliamento del quadriennio di riferimento.
In presenza di una pluralità di periodi neutri che si susseguono, si richiede che almeno il primo evento neutro cominci o sia in corso nel quadriennio di osservazione ai fini della ricerca del requisito contributivo.
Diversamente, i periodi di inoccupazione o disoccupazione non danno luogo a neutralizzazioni ed a conseguenti ulteriori ampliamenti del quadriennio ma determinano interruzione della ricostruzione del quadriennio di osservazione (INPS circ. n. 142/2015).
Con il recente msg. n. 4254 del 13 dicembre 2024, l’INPS ha fornito indicazioni per il calcolo della prestazione di NASpI nei casi in cui il lavoratore licenziato che ha presentato domanda non disponga, nel quadriennio di osservazione, di alcuna retribuzione utile esposta nei flussi Uniemens, essendo posto in cassa integrazione a zero ore.
L’istituto ha precisato che, in assenza di retribuzione imponibile, è possibile valorizzare i dati dell’imponibile previdenziale legati alla contribuzione figurativa delle integrazioni salariali sostitutive della retribuzione, corrisposte dall’azienda e conguagliate o erogate direttamente dall’Istituto.
Tale situazione – secondo l’INPS – rende impossibile calcolare le retribuzioni utili per la NASpI, poiché nel quadriennio non ci sono giornate lavorative che permettano di definire la retribuzione imponibile. Inoltre, non è applicabile il cosiddetto “meccanismo di neutralizzazione” che estende il periodo di osservazione, come avviene per il requisito delle tredici settimane di contribuzione o per la durata della prestazione.
Pertanto, ai fini del calcolo della prestazione NASpI, su conforme parere del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, “si può procedere, in assenza di retribuzione imponibile, alla valorizzazione dei dati dell’imponibile previdenziale riferiti alla contribuzione figurativa relativa alle integrazioni salariali sostitutive della retribuzione, corrisposte dall’azienda e poi da questa conguagliate” o direttamente dall’Istituto.
Quali sono le novità dal 1° gennaio 2025
La legge di Bilancio 2025 prevede, con riferimento agli eventi di disoccupazione verificatisi dal 1° gennaio 2025, la possibilità di accedere alla NASPI solo per quei lavoratori che nei 12 mesi precedenti l’evento di cessazione involontaria per cui si richiede la NASpI dopo aver cessato un precedente rapporto di lavoro per dimissioni volontarie o risoluzione consensuale possano far valere almeno 13 settimane di contribuzione utile maturate nel corso del rapporto di lavoro che ha comportato il licenziamento.
Tale requisito non viene richiesto in caso di:
- dimissioni per giusta causa;
- dimissioni della lavoratrice madre intervenute durante il periodo tutelato di maternità;
- dimissioni lavoratore padre entro il 1° anno di vita del figlio che abbia usufruito del congedo di paternità obbligatorio;
- risoluzione consensuale del rapporto nell’ambito della procedura di conciliazione preventiva e obbligatoria svolta presso l’ITL in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo da parte di azienda che rientra nell’ambito di applicazione della tutela reale (art. 7, L. n. 604/1966);
Pertanto, qualora il lavoratore si dimetta nel 2025 per poi essere assunto da un nuovo datore di lavoro e con questo si verificasse una perdita involontaria dell’occupazione nel 2025, sarà necessario che tra la data di assunzione e quella di risoluzione siano trascorsi almeno 13 settimane di periodi di contribuzione utile.
La norma ha impatti “importanti” e sarà da valutarne gli effetti soprattutto con particolare riferimento a quei lavoratori che vengono assunti e per i quali il periodo di prova risulti essere di durata inferiore alle 13 settimane richieste. Qualora infatti il periodo di prova risultasse di durata inferiore e il datore di lavoro optasse per la cessazione del rapporto di lavoro durante lo stesso, il lavoratore non potrebbe beneficiare della NASPI.
Tabella di riepilogo
Fonte IPSOA.it
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