Il ricalcolo della pensione è un processo essenziale per correggere o aggiornare l’importo pensionistico, coinvolgendo varie procedure come la ricostituzione, il supplemento e la revoca. È però cruciale valutare quando richiederlo per garantire che la pensione rifletta accuratamente i contributi versati e i diritti acquisiti.
Il ricalcolo della pensione già liquidata può rendersi necessario in diverse situazioni, per garantire che l’importo pensionistico sia corretto e aggiornato. Questo processo può portare a rettifiche che incrementano l’ammontare della prestazione previdenziale. Ma quando è il momento giusto per chiedere di riquantificare la pensione?
Innanzitutto, è consigliabile verificare l’accuratezza del provvedimento di liquidazione della pensione (modello TE08). Se emergono discrepanze nei contributi accreditati o nel calcolo dell’anzianità contributiva, è opportuno ricorrere avverso tale provvedimento. In alcuni casi, documenti o elementi non considerati al momento della liquidazione potrebbero emergere successivamente, rendendo necessario chiedere la ricostituzione della pensione.
Anche l’accredito tardivo di contributi figurativi, come quelli relativi al servizio militare, o di somme derivanti da adeguamenti contrattuali retroattivi (spesso per i dipendenti pubblici), può dar luogo a una ricostituzione dell’assegno pensionistico.
Inoltre, se si continuano a versare contributi dopo il pensionamento, è possibile chiedere un supplemento pensionistico o una pensione supplementare per includere questi nuovi accrediti, con l’obiettivo di aumentare il trattamento pensionistico o ottenere un assegno aggiuntivo. Ma procediamo con ordine.
Accredito di nuovi contributi
Quando, dopo la liquidazione della pensione, un pensionato può vantare ulteriori contributi non inclusi nel calcolo iniziale, ha diritto a un’aggiunta all’assegno pensionistico. L’accredito di nuovi contributi può avvenire in due modi, a seconda della data di versamento:
- supplemento di pensione o pensione supplementare: se i contributi aggiuntivi sono stati versati dopo la decorrenza della prestazione;
- ricostituzione della pensione: se la contribuzione è precedente o, più precisamente, si colloca in un periodo precedente alla liquidazione della pensione. A questo proposito, è bene sapere, ad esempio, che per diverse categorie di lavoratori è possibile richiedere l’accredito dei contributi figurativi relativi al servizio di leva anche dopo il pensionamento.
Supplemento di pensione
I contributi versati dopo il pensionamento possono essere utilizzati per ottenere un supplemento della pensione, ossia un’aggiunta proporzionata all’ammontare dei nuovi contributi. Questo avviene, ad esempio, se il pensionato continua a lavorare o intraprende una nuova attività soggetta a obblighi contributivi nella stessa gestione previdenziale.
In argomento, è importante ricordare che hanno diritto al supplemento anche i titolari pensione in qualità di ex lavoratori dipendenti (iscritti al FPLD, Fondo pensione dei lavoratori dipendenti appunto) che, dopo la pensione, decidono di mettersi in proprio e di iscriversi e contribuire presso le gestioni degli artigiani o dei commercianti.
Lo stesso vale per i pensionati presso le gestioni degli artigiani e dei commercianti, che dopo il pensionamento vengono assunti in qualità di lavoratori subordinati. Come mai? Il diritto al supplemento sorge in quanto il FPLD e le gestioni speciali degli artigiani e dei commercianti fanno parte di un’unica forma assicurativa, l’Assicurazione generale obbligatoria dell’INPS, o AGO. Di tale forma assicurativa fa parte anche la gestione dei lavoratori agricoli autonomi CD-CM (coltivatori diretti, coloni, mezzadri, imprenditori agricoli professionali).
Il supplemento può essere richiesto cinque anni dopo la data di decorrenza della pensione o di un precedente supplemento. Tuttavia, se il pensionato ha già compiuto l’età per la pensione di vecchiaia (67 anni fino al 31 dicembre 2028), può richiederlo dopo due anni, ma solo una volta.
Il supplemento decorre dal primo giorno del mese successivo alla domanda. Se il pensionato muore prima di ottenere il supplemento, questo diritto spetta ai familiari superstiti sulla pensione di reversibilità.
Il supplemento viene calcolato secondo gli stessi criteri della pensione, considerando retribuzioni e contributi tra la data di decorrenza del trattamento o del precedente supplemento e quella del supplemento da liquidare. Anche se l’importo finale si somma alla pensione esistente, il supplemento non ha limiti di ammontare.
Se la pensione originaria, tuttavia, è integrata al minimo, è necessario verificare la somma della prestazione non integrata e del supplemento per stabilire se quest’ultimo viene interamente assorbito dall’integrazione, o se comporta un incremento.
Pensione supplementare
La pensione supplementare, da non confondere col supplemento di pensione, si ottiene quando il lavoratore ha contribuzioni versate in una cassa previdenziale che non è stata riunita alla gestione che eroga la pensione “principale”.
Se dunque il lavoratore possiede questi accrediti “residui” in quanto non ha potuto accedere al cumulo, alla totalizzazione o alla ricongiunzione o al computo, può richiedere questa prestazione aggiuntiva.
Sfortunatamente, non tutte le casse previdenziali riconoscono tale trattamento: le condizioni variano sia a seconda della gestione che eroga la prestazione supplementare, sia in base al fondo che corrisponde la pensione principale.
La gestione Separata INPS risulta, in tal senso, la cassa più “generosa”, poiché eroga la pensione supplementare a prescindere dal fondo che liquida la pensione primaria (art. 1 co.2 D.M. n. 282/1996). Questa “generosità” non funziona, purtroppo, nel caso contrario: laddove la pensione principale sia a carico della gestione Separata, nessuna gestione amministrata dall’INPS riconosce il trattamento supplementare (possono fare eccezione le casse professionali privatizzate di cui al D.Lgs. 103/1996, o private di cui al D.Lgs. 509/1994, se è previsto dal regolamento dell’ente; l’art. 39 del Regolamento di Previdenza CNPR- Cassa Ragionieri, ad esempio, prevede il diritto alla pensione di vecchiaia supplementare ai titolari di trattamento presso qualsiasi altra gestione previdenziale obbligatoria).
La pensione supplementare non è integrabile al trattamento minimo (art. 7, L. n. 155/1981) e, laddove sia la pensione principale che quella supplementare siano liquidate a carico di gestioni amministrate dall’INPS, i contributi non sono unificati ai fini dell’accertamento dei 18 anni di anzianità contributiva alla data del 31 dicembre 1995: sono valorizzati i soli contributi che danno luogo alla pensione supplementare (messaggio INPS n. 331/2001).
Ricostituzione della pensione
Se un lavoratore acquisisce tardivamente dei contributi, ad esempio a causa di un errore nelle comunicazioni dell’azienda o dell’amministrazione, o se ottiene il riconoscimento di contributi figurativi o da riscatto dopo la liquidazione della pensione, come quelli derivanti dall’accredito del servizio militare, può richiedere la ricostituzione della pensione. Questo processo può essere avviato su richiesta del pensionato o d’ufficio dall’ente previdenziale.
La domanda di ricostituzione non ha scadenza, ma i ratei si prescrivono in dieci anni. È importante notare che la ricostituzione può anche comportare una riliquidazione in negativo, con eventuali recuperi a carico del pensionato.
La ricostituzione comporta, a differenza del supplemento, non un’aggiunta alla prestazione ma un ricalcolo totale della pensione, tenendo conto della nuova situazione contributiva. Questo può portare a un cambiamento nella data di decorrenza della pensione, sia anticipata che posticipata, in base ai nuovi contributi accertati.
Se la riliquidazione comporta un aumento, al beneficiario spettano gli arretrati. In caso di debito, l’importo viene recuperato dall’INPS.
Il ricalcolo può anche portare alla revoca della pensione, qualora si accerti che i contributi versati non sono sufficienti per mantenere il diritto al trattamento pensionistico. In tali casi, l’ente previdenziale deve attivare le procedure per recuperare quanto indebitamente versato.
Ricalcolo per abbattimento del tetto massimo di pensione
Alcuni trattamenti pensionistici, come la Quota 103 e la pensione anticipata contributiva (art. 24 co. 22 D.L. n. 201/2011) prevedono l’applicazione di un tetto massimo all’importo della pensione, sino all’età per il trattamento ordinario di vecchiaia (art. 24 co. 6 D.L. n. 201/2011).
In particolare, per chi ha maturato i requisiti nel 2023, Quota 103 prevede un limite massimo pari a 5 volte l’importo del trattamento minimo, fino al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia. Lo stesso limite è previsto, dal 2024, in relazione alla pensione anticipata contributiva. Per chi ha maturato i requisiti della Quota 103 nel 2024, il tetto è addirittura ridotto a 4 volte il minimo.
Il limite, comunque, cessa una volta raggiunta l’età pensionabile ordinaria, permettendo al pensionato di ricevere l’intero importo spettante ed andando così a determinare una sorta di ricalcolo della pensione.
Ricalcolo contributivo dopo la pensione
Chi è già in pensione non può richiedere un ricalcolo dell’assegno con il sistema contributivo (opzione al contributivo di cui all’art. 1 co. 23 L. n. 335/1995), se scopre successivamente che questa opzione si sarebbe rivelata più favorevole.
La citata normativa prevede che solo i “lavoratori iscritti” possono fare richiesta di questo ricalcolo, e la Cassazione (Cass. sent. N. 21057/2017) ha confermato che, una volta liquidata la pensione, non è più possibile modificarne il sistema di determinazione dell’importo della prestazione.
Le spiegazioni fornite dalla Suprema Corte sollevano non poche perplessità, considerando che, al contrario, chi sceglie il sistema contributivo ha il diritto di ottenere dall’Inps un calcolo comparativo della pensione per valutare le differenze. L’assenza di tale diritto nel caso opposto rappresenta, secondo chi scrive, una disparità di trattamento a parità di condizioni.
In ogni caso, chi non ha ancora ricevuto il provvedimento di liquidazione può comunicare all’INPS la rinuncia alla domanda di pensione (Delib. CdA Inps n. 269/1981; Circ. Inps n. 15 del 22 gennaio 1982) e richiedere un nuovo trattamento avvalendosi dell’opzione al contributivo.
Esiste infine una possibilità di richiedere l’opzione contributiva dopo il pensionamento, ma solo in caso di diritto a una seconda pensione supplementare o autonoma, verificando i requisiti in base al nuovo trattamento (Cass. sent. n. 21244/2014 e n. 3486/2014).
Fonte IPSOA.it
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