L’eventuale applicazione della misura di sostegno, introdotta a seguito dell’emergenza sanitaria, genererebbe un effetto agevolativo “ulteriore” rispetto alla ratio della norma
Le agevolazioni concesse alle imprese e, più in generale, ai datori di lavoro sotto forma di “esonero contributivo” si sostanziano in una generale riduzione dell’aliquota contributiva datoriale, che comporta il “mancato sostenimento” dei corrispondenti costi per contributi previdenziali. Ciò implica che tali misure non rientrano nel perimetro di applicazione del regime di detassazione previsto dall’articolo 10-bis del “decreto Ristori” in favore dei soggetti beneficiari dei “contributi” e delle “indennità” erogati in via eccezionale per far fronte alle difficoltà economiche derivanti dalla crisi pandemia per Covid-19.
Sono queste le conclusioni cui è giunta l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 458 del 10 novembre 2023 all’istanza presentata da una società che, avendo beneficiato nel corso dell’esercizio 2022 dell’esonero contributivo parziale destinato alle imprese operanti in aree geografiche caratterizzate da disagio socio-economico (“Decontribuzione Sud”), chiede di sapere se le somme corrispondenti alla quota di contributi non versati possa rientrare tra i “contributi” e le “indennità” che sono concessi a seguito della crisi pandemica Covid-19, per i quali l’articolo 10-bis del Dl n. 137/2020 ha stabilito la non concorrenza ai fini della determinazione del reddito imponibile ai fini Ires e Irap.
Alle stesse conclusioni è giunta l’Agenzia con la risposta n. 459/2023 a un’identica istanza di chiarimenti sulla fruibilità della “Decontribuzione Sud”.
La detassazione generalizzata di “contributi” e “indennità”
Secondo l’articolo 10-bis del Dl n. 137/2020 (“decreto Ristori”) i “contributi” e le “indennità” di qualsiasi natura, erogati in via eccezionale a seguito dell’emergenza epidemiologica per Covid-19, purché diversi da quelli già esistenti prima, spettanti agli esercenti attività di impresa, arte o professione e ai lavoratori autonomi, sono esclusi dal calcolo del reddito imponibile ai fini Irpef/Ires e del valore della produzione Irap e non influenzano il rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del Tuir (rapporto di deducibilità degli interessi passivi).
Nelle diverse risposte ad interpello pubblicate che si sono succedute nel tempo (tra cui la n. 618/2021) l’Agenzia ha sintetizzato i requisiti soggettivi e oggettivi di ammissibilità alla detassazione, sottolineando che per i “contributi” e le “indennità” che vi rientrano è irrilevante la “provenienza”, in quanto possono essere erogati “da chiunque” (cioè qualsiasi amministrazione o ente, pubblico o privato), così come non sono rilevanti né le modalità di fruizione né di contabilizzazione in bilancio.
Tra le stesse condizioni di ammissibilità, inoltre, vi è la circostanza che i benefici siano in stretta connessione con l’emergenza epidemiologica causata dal diffondersi del virus Covid-19, ma che siano al tempo stesso diversi da quelli esistenti prima dell’emergenza, e che siano destinati a soggetti esercenti impresa, arte o professione, o ai lavoratori autonomi.
Come anche ricordato nella citata risposta, in base alle regole ordinarie, tutti i contributi per i quali la disciplina legislativa vigente non prevede espressamente la non imponibilità agli effetti delle imposte sui redditi e dell’Irap, partecipano alla formazione del reddito imponibile e del valore della produzione. Dunque, la ratio della disposizione è quella di evitare che le misure di sostegno erogate durante il periodo di emergenza Covid19 – finalizzate, lo ricordiamo, a contrastare le conseguenze sul piano economico/finanziario della crisi pandemica – vengano in qualche modo “depotenziate” dall’incidenza derivante dalla rilevanza ai fini della formazione del reddito dei contributi stessi.
Con l’introduzione di una disposizione di carattere generale, quindi, il legislatore ha, di fatto, sterilizzato la possibile incidenza dell’obbligo fiscale, con riferimento a tutti i “contributi” o “indennità”, per i quali lo stesso legislatore non avesse già provveduto inserendo nelle singole disposizioni istitutive un’apposita previsione di irrilevanza fiscale.
Considerata la formulazione piuttosto generica della norma, che fa riferimento a “contributi e indennità” di “qualsiasi natura”, l’Agenzia tiene a sottolineare – al fine di delimitare il perimetro di applicabilità del regime di detassazione – che costituisce presupposto imprescindibile per l’applicazione, l’attribuzione di un “beneficio” che comporti un “vantaggio economico” effettivo e quantificabile, che consista in una integrazione di ricavi oppure in una partecipazione, anche solo parziale, al sostenimento di determinati costi, purché effettivamente rimasti “a carico” del soggetto beneficiario.
La soluzione proposta dalla società
A parere della società istante, l’agevolazione fruita per effetto dell’accesso alla “Decontribuzione Sud” in riferimento ad entrambi i semestri dell’esercizio 2022 rientra nell’ambito di applicazione del regime di detassazione dei contributi Covid-19, introdotto dal citato articolo 10-bis del Dl n. 137/2020. Di conseguenza, le somme corrispondenti ai contributi non versati non concorrono alla determinazione del reddito imponibile ai fini Ires e del valore della produzione ai fini Irap.
A sostegno della soluzione proposta, l’istante fa rinvio alle risposte agli interpelli n. 618 e n. 748 del 2021 in cui l’Amministrazione finanziaria ha chiarito quali sono le condizioni richieste dalla norma affinché i “contributi” e le “indennità” possano essere ammessi alla detassazione, per concludere che l’esonero contributivo in esame rispetta tali condizioni.
Sotto il profilo contabile, la Società dichiara di aver provveduto alla registrazione del “contributo” alla voce B9 del conto economico “Costi per il personale”, a diretta riduzione, in particolare, dei costi relativi agli oneri previdenziali, in applicazione del principio OIC 12 par. 68. La stessa società evidenzia, altresì, che in alternativa, avrebbe potuto invece rilevare detta somma separatamente, nella voce A.5 del conto economico “Altri ricavi e proventi di gestione”.
Con riferimento, invece, alle modalità con cui applicare, in concreto, la detassazione delle agevolazioni contributive, la società ritiene corretto apportare in dichiarazione una corrispondente variazione in diminuzione, sia ai fini Ires che ai fini Irap.
La risposta dell’Agenzia delle entrate
Al fine di contenere gli effetti negativi sull’occupazione determinati dall’epidemia da Covid-19, l’articolo 27 del “decreto Agosto” riconosce un parziale “esonero dal versamento” dei contributi previdenziali dovuti per legge (pari al 30%), ad esclusione di quelli di competenza dell’Inail, in favore dei datori di lavoro privati la cui sede di lavoro è situata in aree svantaggiate del paese (“Decontribuzione Sud”). La misura agevolativa, inizialmente prevista fino al 31 dicembre 2020, è stata prorogata con la legge di Bilancio 2021 (dall’articolo 1, commi da 161 a 168) fino al 31 dicembre 2029, seppure con aliquote decrescenti e differenziate.
Dopo una panoramica ampia ed esaustiva sugli aspetti tecnici della misura agevolativa della “Decontribuzione Sud”, riguardanti sia gli interventi di proroga che la cornice europea relativa alla disciplina sugli aiuti di Stato, la risposta all’interpello si sofferma su un’analisi riguardante la natura sostanziale della misura di sostegno in esame, che porta l’Agenzia delle entrate a qualificare l’esonero contributivo, di fatto, come una generale, ancorché temporanea e parziale, riduzione dell’aliquota contributiva dovuta dal datore di lavoro.
Ciò comporta, secondo l’Agenzia delle entrate, che il “costo” per oneri contributivi a carico dei datori di lavoro per la quota oggetto della misura risulta, in sostanza, “non sostenuto”.
A sostegno del mancato riconoscimento della misura come vero e proprio “contributo” detassabile, l’Agenzia richiama un precedente, anche se risalente al 2015, in cui l’Amministrazione finanziaria ha avuto modo di esprimersi in riferimento a una misura del tutto analoga a quella in esame (esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente, all’interno delle Zone franche urbane, Zfu) – escludendo la configurabilità dei benefici come “contributi”, in quanto ai fini fiscali, l’effetto che ne deriva si sostanzia in una riduzione di contributi che non assume autonomo rilievo per la determinazione del valore della produzione netta e del reddito stesso, indipendentemente dalle modalità di contabilizzazione adottate (cfr. la risposta all’interrogazione parlamentare n. 506010 del 9 luglio 2015).
Conclusioni
Gli aspetti in precedenza illustrati, caratterizzanti la misura agevolativa Decontribuzione Sud, ne hanno determinato l’esclusione dal perimetro applicativo dell’articolo 10bis del decreto Ristori. Secondo quanto emerge dalla risposta in commento, il vantaggio derivante dalla fruizione della Decontribuzione Sud non presenta le caratteristiche di un vero e proprio “contributo” destinato all’impresa, inteso in senso tecnico come “ristoro” di costi effettivamente sostenuti.
L’Agenzia conclude che l’eventuale applicazione del citato articolo 10bis a benefici che, come l’esonero contributivo, incidono su un costo “non sostenuto” dal contribuente, genererebbe un effetto agevolativo “ulteriore” rispetto a quello rientrante nella ratio della norma, tesa come sopra ricordato, a sterilizzare gli effetti di depotenziamento del contributo che l’eventuale tassazione genera sul destinatario.
Con specifico riferimento all’esonero contributivo, l’eventuale riconoscimento della variazione in diminuzione in dichiarazione, sia ai fini dell’Ires che ai fini dell’Irap, avrebbe l’ulteriore effetto negativo di innescare un possibile sforamento dei plafond previsti dalla disciplina sugli aiuti di Stato, contenuta nel Temporary Framework Covid19.
Fonte FiscoOggi.it
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